“A caval donato… Grazie”

“A caval donato… Grazie”

Mia nonna, siciliana d’origine, insegnante di un piccolo paesino della provincia di Messina, per ogni 100 parole, condivideva un detto, un proverbio, una di quelle frasi nate in paese, utili per indicare al meglio qualche accaduto e per lasciare un insegnamento e/o un monito all’interlocutore. Non importava se fossi colto o meno, se avessi o meno conosciuto il mondo; quella frase ti colpiva in pieno, investendoti nella maniera più forte e sottolineando le tue insicurezze e le tue debolezze.

 

Me la immagino tra le vie del paese, tra sorrisi e risate, sguardi e chiacchierate, a rispondere ad ogni accaduto con un proverbio cucito ad hoc per quella fatidica situazione.

 

C’è una signora urlante dal balcone contro la figlia scapestrata? Sento nonna dire “i panni sporchi si lavano in casa”;

la figlia non ascolta e si ribella in maniera forte e presuntuosa? “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”;

il figlio del carpentiere ha deciso di partire ed intraprendere una strada nuova? “meglio tardi che mai”, perché del resto “ogni lasciata è persa”.

 

E così per ore ed ore, giorni, settimane, in un loop continuo, si vive di queste risposte, quasi come se possano essere la giustificazione ad ogni comportamento e non ci si chiede nient’altro, perché il detto basta a chiudere il discorso. La sua perentorietà è micidiale.

Del resto, si tratta di locuzioni nate per strada, nell’esperienza quotidiana di molteplici uomini e donne, in situazioni maestre che possono facilmente sostituire la teoria e lo studio del comportamento umano. Percorso inutile per chi quelle esperienze le ha vissute e le vive quotidianamente.

 

È di facile rilevazione infatti, che alcuni detti, oggi, non abbiano la stessa forza o imponenza che ci aspetteremmo. Se mia nonna fosse viva, riuscirebbe ad inserirli qui e lì con grande facilità, ma non so quanto in realtà siano veritieri negli anni 2000. È importante, perciò, suddividere le tipologie di proverbi: i discriminatori, le versioni moderne ed i sempreverdi.

 

 

I discriminatori:

La cultura e la storia ci insegnano quanto le caratteristiche personali non fossero elemento di unicità ma di differenziazione ed alienazione, in passato. Le caratteristiche fisiche, l’orientamento sessuale, la religione e qualsiasi altro elemento caratterizzante un soggetto, era motivo o ragione di allontanamento e derisione se non vi era una piena aderenza alla visione comune.

 

“Donna nana, tutta tana”… un proverbio che lascia senza parole, richiamante una caratteristica fisica femminile e che rimanda ad un elemento sessuale sconcertante; ad oggi un detto del genere non avrebbe lunga vita, fortunatamente, ma in passato le donne reputavano tale sentenza quale corretta e perché no, un vero e proprio complimento.

 

“nella botte piccola c’è il vino buono…ma nel tappo non c’è nulla”. Se andate a cercare il significato su internet della prima parte di questo modo di dire, beh, avrete come definizione “le persone basse hanno altre doti”. Partendo dal presupposto che non sono una persona molto alta, mi chiedo da quanto tempo, essere alti, possa essere considerata una dote; certo è vero, “altezza mezza bellezza”, ma mi domando anche perché una persona più bassa non possa avere almeno l’altra metà.

“Le bugie hanno le gambe corte”, ma perché questo accanimento con le persone più basse?

 

Ma è così in tutta Italia, da nord a sud e se ti fermi in Piemonte (e non solo),  sei una donna ed hai i capelli rossi, potresti essere additata perché “rossa de cavei, golosa d’usei”; vi risparmio la traduzione, ma mi chiedo perché questo maschilismo intrinseco anche a ridosso di un semplice detto.

 

Insomma, non ci si può fermare un attimo che il “politically correct” colpisce anche i proverbi italiani; e meno male!

 

Le versioni moderne:

Avete presente quei detti che ancora oggi utilizziamo ma che potremmo tranquillamente cambiare perché siamo diventati molto più cinici e cattivi?

“Tanto va la gatta al lardo… che si ingrassa da morire!”. È ovvio. Per quanto Jill Cooper ci abbia insegnato ad allenarci costantemente, mangeremmo anche la stessa televisione ed il c.d. “junk food” avrebbe la meglio su di noi.

 

“Occhio non vede…visita oculistica?”. Ragazzi, come si può pensare che il cuore non possa dolere? Il tipico detto di chi non ha la spina dorsale di lanciare qualche piatto o bicchiere contro un uomo o una donna che tradisce; ma siamo sinceri, grazie a Facebook abbiamo visto quanto questo detto non sia ormai così reale

…e da lontano si sente una musica che fa “love the way you lie”!

 

“Aiutati che Dio ti…odia”. Devo spiegarvi il perché? Questo 2020 non vi è bastato?

 

I sempreverde:

Ed eccoli, quei detti che penso non possano mai avere fine e che anche oggi ritrovano una veridicità eccezionale:

“non tutte le ciambelle escono col buco”; esempio lampante di come in una famiglia a modo, io sia riuscito ad essere scapestrato e fuori di testa e poi, anche materialmente, sono un pessimo cuoco.

“Sbagliare è umano, perseverare è diabolico”; chi di voi conosce qualcuno che continua ad errare in maniera seriale senza alcun miglioramento? Mentre vi immagino tutti con la mano alzata, inizio a fare ammenda dei miei peccati.

“Tentar non nuoce”, “tale padre, tale figlio”, “paese che vai, usanza che trovi”, “chi fa da sé, fa per tre” e così via per altri 100, 1000, 10000.

 

I proverbi parlano nel nostro silenzio e si insinuano nella nostra vita, nella nostra lingua per cercare di insegnarci qualcosa che pensiamo di non sapere, o che forse non vogliamo sapere.

Penso, con una maturità differente da quella di qualche anno fa, che l’utilizzo di queste popolari affermazioni, coincida con il giustificarsi per situazioni che non sappiamo, affatto, gestire.

 

Ma mai come quest’anno, se mia nonna fosse ancora qui di fronte alla popolazione, si schiarirebbe la voce portandosi il pugno alla bocca, tossendo delicatamente e direbbe:

“le disgrazie non vengono mai sole”… quanto è vero… Buon nuovo ceppo del Covid-19  del 2021.

 

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